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Quando la paura è patologica: le fobie

“Chi soffre di agorafobia ed evita la strada, perché ha la sensazione e l’idea che il terreno ceda sotto i suoi piedi, si comporta esattamente come se il terreno sotto i suoi piedi sprofondasse davvero”

Alfred Adler

Fobia /fo’bia/ [dal greco φόβος, phóbos, “panico, paura”]. In psichiatria, paura angosciosa e incontrollabile destata dalla vista di un oggetto o da una semplice rappresentazione mentale, che pur essendo riconosciuta come irragionevole non può essere dominata e obbliga a un comportamento, inteso, di solito, a evitare o a mascherare la situazione paventata; una paura irrazionale ma inevitabile, questa è la definizione data dalla Treccani al termine “fobia” che per quanto sintetica, fornisce tutte le informazioni per comprendere le malattie (perché di questo si trattano) di cui tratterò in questo articolo.


Esse costituiscono un importante capitolo della patologia sia in quanto a frequenza elevata (il 10% delle persone soffre di almeno una fobia specifica nel corso della sua vita) sia per la grande varietà descritta: oltre 500 tipi diversi. La prima testimonianza scritta su questo disturbo si deve a Ippocrate, che descrisse due soggetti aventi rispettivamente la fobia del crepuscolo e dei ponti, precipizi e fossati, ma vennero incluse nella scienza medica solo tra il XIX° e il XX° secolo, consentendone una prima classificazione.


Esistono 5 sottotipi di fobia specifica:

  1. Animali (Zoofobie): maggior mente presente nella popolazione femminile (75%-90%), tra le più comuni verso ragni, cani e serpenti;
  2. Ambiente naturale: prevalenti soprattutto nelle donne nonostante siano gli uomini a soffrire maggiormente della paura specifica legata alle altezze, altri esempi riguardano l’acqua e i temporali;
  3. Sangue, infezioni e ferite: tipicamente queste fobie portano allo svenimento (riportato nel 75% dei soggetti);
  4. Situazionale: riguardano gli spazi chiusi, volare, guidare, ascensori e ponti;
  5. Altro tipo: le più comuni durante l’infanzia, hanno come oggetto pagliacci, maschere, bambole, rumori forti e il soffocamento.

Le fobie sono largamente influenzate dall’ambiente sociale e culturale e dai loro cambiamenti, perciò alcune paure specifiche sono prevalenti in determinati momenti o luoghi, ad esempio la paura della magia e degli spiriti nella cultura ispanica, del freddo in quella cinese (in relazione alla filosofia dello yin e dello yang) e quelle nate più recentemente come del vomitare o di non avere il cellulare con se.

I sintomi più comuni possono essere tachicardia, vertigini, extrasistole, nausea, senso di soffocamento, sudorazione, che si manifestano in forma più o meno marcata in base all’esposizione alla fonte della paura e tendono ad accentuarsi tanto più il malato si sforzi di ritrovare la calma.


Gran parte delle fobie specifiche si sviluppano durante l’infanzia, il periodo in cui si è più suscettibili a influenze esterne, come reazioni apprese indotte da un fenomeno di condizionamento per cui uno stimolo neutro viene associato a sentimenti negativi. Perciò una fobia può nascere da un trauma o dalla sua testimonianza, da un’esperienza sgradevole oppure semplicemente si trasmette da un altro soggetto fobico, per questo in una stessa famiglia può prevalere una determinata fobia.


La domanda da porsi diventa allora “perché non tutti i soggetti con eventi traumatici sviluppano una fobia e non tutti i fobici riportano eventi traumatici connessi alla loro paura?”
Questo fenomeno potrebbe essere dovuto all’inibizione latente, ovvero alla difficoltà ad associare una risposta di paura ad uno stimolo che in precedenza non aveva rappresentato una minaccia, e all’inflazione, determinata dall’associazione della paura ad uno stimolo minaccioso lieve che causa un incremento dell’intensità della risposta appresa a seguito degli incontri successivi con lo stimolo.


Riguardo al trattamento delle fobie specifiche non esistono evidenze scientifiche che supportino l’uso di farmaci, gli unici risultati ampiamenti dimostrati sono dati dal trattamento basato sull’esposizione.


Esistono varie tecniche cognitivo-comportamentali utilizzate per il trattamento dei soggetti fobici:
L’esposizione in vivo, considerata ad oggi la principale modalità di trattamento; non è però adatto alle fobie che riguardano l’ambiente naturale, situazioni pericolose o traumatiche;
L’esposizione immaginativa, in cui si chiede al paziente di immaginare una situazione fobica; è necessario che si raggiunga un’immagine molto vivida della situazione temuta;
L’esposizione graduata, consiste nell’esporre il paziente a situazione fobiche inizialmente di bassa intensità, per poi salire gradualmente;
Tecniche di rilassamento muscolare, queste vengono insegnate al paziente, che viene esposto successivamente allo stimolo fobico. La condizione di rilassamento contrasta l’ansia e porta ad un processo di inibizione reciproca;
Desensibilizzazione sistematica, tramite controcondizionamento si porta il soggetto fobico ad attuare un comportamento in cui non sia presente ansia o paura in risposta a degli stimoli ansiogeni.


L’identificazione di disturbi fobici è fondamentale per evitare ripercussioni negative sul soggetto. Una corretta informazione e diagnosi sono perciò fondamentali per assicurare al soggetto un percorso clinico che porti alla guarigione.

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