“Women for freedom” è un’associazione basata sul volontariato e sulla partecipazione, è apartitica e aconfessionale che nasce il 22 gennaio 2014 da sette soci fondatori. Il loro sogno è creare un nuovo modo efficace ed efficiente di azione umanitaria: strutture snelle, minimizzazione dei costi amministrativi e progetti congiunti con partner locali, volti all’autosviluppo dei beneficiari. La comunicazione positiva risveglia il desiderio di diritti e libertà nelle donne e nei bambini che finora hanno avuto il piacere di incontrarsi con la realtà di ”Women for freedom” in India, Nepal, Camerun, Togo, Romania, Italia e Bolivia.
Einaudi c’é, in collaborazione con il Pelapatate, ha avuto l’onore di intervistare Luisa Rizzon, l’attuale presidentessa. Durante l’intervista abbiamo potuto approfondire la conoscenza del mondo a sostegno delle donne e dei bambini che ha creato l’associazione. Vi starete chiedendo: quali sono le fondamenta su cui si basa tutto ciò? La risposta della presidentessa é stata chiara ed esaustiva: “Due sono i grandi pilastri di questa associazione: uno sono i progetti, sono progetti molto concreti, che si occupano di donne e bambini vittime di tratta umana, sfruttamento sessuale, violenza e povertà economica; il secondo grande obiettivo dell’associazione è quello di diffondere la cultura del rispetto dei diritti umani.”
Un esempio clamoroso dell’ottimo operato dell’associazione, nell’ambito del reinserimento nel lavoro per contrastare la povertà economica, sono i tirocini, oppure all’estero il microcredito. Invece, per quanto riguarda bambini e bambine, per contrastare le violenze il metodo è l’educazione: come spiegato dalla signora Luisa Rizzon, mandare i più piccoli a scuola evita i matrimoni precoci, soprattutto per le bambine.
L’intervista è avvenuta durante la mostra “Liberamenti”, ma cos’è questa mostra? È un festival biennale che “Women for freedom” propone appunto ogni 2 anni. “Quest’anno abbiamo scelto il tema dell’equilibrio perché riteniamo sia un tema molto attuale e indispensabile da affrontare.” Tema centrale più significativo non si poteva trovare: quanto difficile è trovare l’equilibrio e quanti significati gli si possono attribuire. Per “Women for freedom” i tre aspetti chiave sono:
- l’equilibrio personale perché ogni persona, uomo o donna che sia, deve trovare un proprio equilibrio e non esiste un pregiudizio, un preconcetto… ognuno deve trovare il proprio equilibrio;
- l’equilibrio nelle relazioni strette, quindi nella coppia, in famiglia, con gli amici… dove sempre più spesso si tende a ricoprire ruoli dominanti o secondari, in cui un individuo soffoca l’altro;
- l’equilibrio nella società, quindi l’equilibrio nel mondo del lavoro, l’equilibrio nella politica e l’equilibrio nella scuola.
Chi sono le autrici o gli autori delle opere, qual è la loro storia e con quale criterio sono state selezionate?
“Le autrici di queste opere sono tantissime ed è difficilissimo farvi l’elenco di tutte quante. Vi racconto come le abbiamo selezionate e perché le abbiamo scelte. Si tratta di pittrici, di illustratrici o illustratori, abbiamo fotografe e ce ne sono veramente tantissime, perché ogni sala di palazzo Bon Auguro ha una mostra diversa”
Come hanno fatto? Hanno chiesto a questi artisti di preparare delle opere sul tema dell’equilibrio secondo le tre declinazioni e hanno lasciato loro massima libertà, che è un elemento fondamentale per la loro associazione, perché esprimessero cosa per lui o lei fosse l’equilibrio. Ha partecipato anche il liceo artistico di Nove, che ha creato l’installazione.
Qual è il fine ultimo della mostra e secondo lei quest’ultima mette in risalto gli aspetti distintivi delle donne?
Noi della Redazione abbiamo compreso che il fine ultimo di “Liberamenti” è quello di raggiungere il maggior numero di persone possibili, di tipologie diverse, età diverse, interessi diversi per parlare del tema dell’equilibrio, per aiutare a riflettere insieme su questa tematica fondamentale per prevenire la violenza, perché i femminicidi sono la punta di un iceberg che nasce però da gesti molto più quotidiani, quindi parole dette, immagini, scherzi che poi si sommano sfociando in gesti estremi.
Come farlo?
“Attraverso l’arte, perché l’arte parla a tutti, e arriva direttamente al cuore e ognuno può darle l’interpretazione che vuole. A questa mostra hanno partecipato tantissime scuole e la cosa magica è che ci sono sempre nostri volontari presenti con cui si può parlare. È incredibile che tantissime persone si avvicinano poi a noi, e ci raccontano la loro storia, muovendosi all’interno di una loro un’emozione: elaborano qualcosa che hanno vissuto o che stanno vivendo e hanno bisogno di esternare e, dopo, un po’ alla volta, faranno il loro percorso per capire come affrontare questo vissuto”.
Per quanto durerà la mostra e sono già programmati ulteriori eventi per quest’anno?
“La mostra è stata pensata su tre weekend, si è appena concluso il secondo weekend e adesso ci sarà il prossimo, quindi 1, 2 e il 3 dicembre, quando andremo alla mostra permanente, che è sempre aperta e si può venire a visitare, perché l’entrata è libera.”
Poi ci sono tutta una serie di eventi:
- scrittrici che vengono a presentare i loro libri sul tema dell’equilibrio;
- concerti Jazz per raggiungere persone che amano la musica;
- delle performance;
- degli spettacoli di danza;
- sfilate di moda.
In questo weekend, ci sarà anche un’asta dove verranno messe in vendita le opere, perché chi viene a visitare la mostra ci tiene a portarsi a casa un pezzo di questo equilibrio.
Ci può parlare di un progetto in particolare che la vostra associazione sta portando avanti?
“Il progetto in Bolivia si chiama Trampolin, e si occupa di ragazzine minorenni che vengono tolte dai bordelli; sono bambine prese dalle famiglie dei narcotrafficanti e costrette fin da piccole a prostituirsi.”
“Questo lavoro di “recupero” viene fatto dalle squadre di persone boliviane (in particolare donne), che vanno sulle strade e cercano di entrare in rapporto con le ragazzine (nel loro centro la più piccola ha 12 anni).”
La cosa bella è che per avvicinare le ragazzine gli operatori installano la “Tenda della bellezza”, dove le accolgono, fanno loro le unghie e riescono, attraverso gesti semplici, a stringere un rapporto di amicizia con loro, per poi proporre loro di andare assieme al Centro, dove troveranno un posto per dormire e mangiare, sicuro, protetto e dove potranno scegliere tra un percorso di istruzione oppure l’assegnazione di un mestiere.
Su dieci ragazzine, otto vengono recuperate: alcune re-inserite in famiglia, altre iniziano una propria vita.