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La scuola italiana e il suo futuro: intervista ad Amanda Ferrario (Ministero dell’Istruzione)

Pubblichiamo l’intervista che la Dott.ssa Amanda Ferrario, Dirigente Scolastica distaccata al Ministero dell’Istruzione di Roma, ci ha gentilmente concesso in esclusiva e che è stata  parzialmente trasmessa anche dalla web TV “Einaudi C’è”.

R: Dott.ssa Amanda Ferrario, per quale motivo in un momento così complesso per il mondo della  scuola, ha deciso di lasciare la dirigenza di un grande istituto come l’ITE “Tosi” di Busto Arsizio, per  dedicarsi al Ministero dell’Istruzione? 

Dott.ssa Ferrario: “La scelta di lasciare la Dirigenza della mia scuola è stata una scelta molto sofferta e su  cui ho pensato a lungo: le scuole sono il luogo dove si fa cultura e dove in un momento come questo si può  fare la differenza. Tuttavia l’esperienza che ho maturato nella direzione della mia scuola e in quella  precedente, mi ha convinto a portare le stesse opportunità anche nelle altre scuole.  Qui al Ministero potrò quindi occuparmi del sostegno alle scuole durante questa pandemia, di innovazione  tecnologica e didattica, di internazionalizzazione e anche degli ordinamenti scolastici del secondo ciclo” 

R: La pandemia del CoVid19 ha messo in discussione il mondo per come lo conoscevamo e in  particolar modo il mondo della scuola, che dopo anni è ritornato al centro del dibattito pubblico  italiano. Durante il lockdown il Ministero ha lavorato per riportare in presenza i maturandi dello  scorso giugno, in modo da compiere il consueto rito di passaggio, e successivamente tutte le scuole  d’Italia. Per quale motivo puntare così tanto sul ritorno in presenza e non su metodologie alternative come la Didattica a Distanza? 

Dott.ssa Ferrario: “Partiamo dal presupposto che finalmente la scuola italiana è ritornata al centro  dell’attenzione, non semplicemente come chiacchiera da bar. Nonostante le critiche e i disagi, la scuola italiana dà ai nostri studenti un valore aggiunto notevole che è  quello della classe e di un’istruzione molto importante in Europa. 

Per quanto riguarda la mia esperienza di dirigenza, noi ricevevamo studenti che venivano da tutto il mondo e  tutti ci dicevano che il nostro valore aggiunto era quello del gruppo classe. Nel resto del mondo le scuole  lavorano per lezioni: lo studente si iscrive ad un corso, lo segue, incontra gli altri nei corridoi, negli  armadietti o in pausa pranzo, ma frequenta le lezioni in un modo più accademico e distaccato. La nostra forza sta quindi nelle relazioni, positive o negative, si ha la possibilità di insegnare ed apprendere. Tornare in classe significa essere stimolati, rispetto alla Didattica a Distanza, che comunque può essere uno  strumento di integrazione alle normali attività, anche se toglie la parte relazionale e la parte relazione fa la  differenza. 

Il gruppo classe, compagni di classe e docenti, fanno la differenza: quando stiamo bene in un ambiente,  apprendiamo più volentieri. Tornare in presenza non è quindi una forzatura, bensì un’opportunità, perché a  scuola si va per seguire un percorso, coltivare dei progetti, imparare una lingua, … e tutto ciò in classe, in un  gruppo di pari, ha un valore diverso. L’innovazione digitale non può tuttavia essere trascurata: la banda larga è imprescindibile e tutti i ragazzi in tutta Italia devono avere le stesse opportunità” 

R: La pandemia ha però messo in risalto alcuni limiti del sistema scolastico italiano per anni  trascurati. Tenendo quindi conto di poter operare nei limiti del possibile e anche di ciò che la pandemia ha messo in evidenza, qual è il futuro di scuola che il Ministero dell’Istruzione intende realizzare?

Dott.ssa Ferrario: “I riflettori che si sono accesi sulla scuola sono stati positivi. Al posto di dire: “La scuola  non fa… , non insegna …. , il tale professore è un problema, …” abbiamo capito che la scuola ha anche delle grandi responsabilità. Sono stati investiti dei soldi, ad esempio per le mascherine, i gel igienizzanti, strutture  e arredi innovativi che nelle scuole hanno fatto la differenza. Il grande lavoro però che il Ministero farà da  ora in poi è legato al reclutamento dei docenti e alla formazione del personale. Quando vado da un medico e  ho un problema serio, voglio il migliore, perché la mia salute sia curata al meglio. Dobbiamo ragionare allo  stesso modo per quanto riguarda gli insegnanti, perché quando si tratta di scuola si deve pensare alla salute di tutto il Paese, perché più i nostri studenti sono preparati e più sono capaci, più l’Italia diventerà competitiva. 

I Paesi che investono in Istruzione sono i Paesi che hanno un ritorno nel PIL più importante, ad esempio la  Corea del Sud. Non è infatti un caso che la Toyota abbia voluto mantenere i propri stabilimenti lì, investendo in studenti che lavorano a nuovi modelli matematici. 

Il Ministero quindi lavorerà molto sulla formazione dei docenti: iniziale e continua. Non possiamo più  permetterci di dire che i nostri docenti entrano in servizio e non si formano, perché seppure la disciplina resta la stessa, cambiano le metodologie, e se non parliamo lo stesso linguaggio, non riusciamo a trasmettere  quanto vogliamo. 

Se in classe metteremo dei professionisti il futuro dei nostri studenti e il nostro sarà migliore”. 

R: La data dello scorso secolo che personalmente reputo più importante, soprattutto per le incidenze  che ha avuto e ha nell’attualità e che ci ha portato verso il nuovo secolo e il nuovo millennio, è il 1989:  la caduta del Muro di Berlino. Alcuni osservatori hanno però l’impressione che la scuola si sia fermato  prima di tale evento, anche se a causa del CoVid19 siamo in una fase di ricostruzione.  Il nostro Istituto, durante il lockdown, ha cercato di far sentire studenti e personale della scuola più  vicini all’istituzione scolastica, nonostante non si potesse operare in presenza, anche attraverso il  nostro giornalino o Einaudi C’è

Il futuro della scuola potrebbe quindi partire da un processo di innovazione digitale, ma anche da  un’integrazione attuale, sia per contenuti, che per metodologie? 

Dott.ssa Ferrario: “Concordo pienamente. Il 1989 è una data importante e forse la scuola è rimasta ferma ad  un po’ prima. Purtroppo infatti la concezione esterna è che alcuni docenti continuano a spiegare gli argomenti come gli spiegavano ai nostri genitori. Questa pandemia che è stata senz’altro un momento difficile e di crisi, ci ha però dato delle grandi opportunità. La crisi è infatti il momento in cui mettersi in discussione e decidere quale strada percorrere. 

Ora le singole scuole da una parte e il Ministero dall’altra, ma anche l’intera società, devono attivarsi per il  digitale, che non può più essere considerato come residuale. Il digitale è il nuovo linguaggio, come lo è stata  la stampa ai tempi di Gutenberg e come è stato Internet, che a seguito della Guerra Fredda non è più rimasto  come esclusiva della NASA, ma è diventato di pubblico dominio. 

Il digitale significa oggi un nuovo modello e un nuovo modo di apprendere, ma significa anche ribaltare  l’asse. Non devo più andare a scuola per il voto, studiare a memoria per l’interrogazione, bensì devo  imparare a lavorare in gruppo e lavorare sulle fonti di ricerca. Esempio banale che amo fare spesso: a noi non interessa il matematico che conosca a memoria tutte le formule, ci interessa quell’ingegnere o architetto che  sappia mettersi in gruppo e sviluppare la creazione più creativa, alternativa e solida, collaborando in un  gruppo di persone, anche a seguito di svariati tentativi ed errori” 

R: Rifacendomi a quanto da lei detto prima, uno dei punti di forza della scuola italiana è la capacità di mettere assieme e di instaurare rapporti all’interno della classe, che possiamo considerare come una  piccola società. La pandemia però ha portato a limitazioni, naturalmente necessarie, per quanto  riguarda questi contatti umani, e ha danneggiato soprattutto gli studenti di prima. In caso questa pandemia dovesse dilungarsi più del previsto, attraverso quale modo il Ministero  potrebbe agevolare l’iterazione all’interno delle classi, soprattutto nelle prime?

Dott.ssa Ferrario: “Spero che tutto ciò non accada, ma sarà realisticamente difficile uscire da questa crisi in  tempi brevi, ci aspetta un anno complicato. Il Ministero deve impegnarsi, e lo farà, per dare agli strumenti un organico un po’ più stabile e più docenti all’interno delle scuole. L’obbiettivo è quindi quello di creare dei  gruppi classe meno numerosi e più fluidi e creare delle attività extrascolastiche e su questo si punterà il  prossimo anno, perché dare agli studenti la possibilità di fermarsi a scuola oltre le lezioni per fare musica,  teatro, sport, … permette di avere un’alternativa oltre la scuola, ma anche al suo interno. E poi permette di  conoscersi e fare gruppo. Le relazioni umane sono insostituibili e da dietro uno schermo tutto ciò diventa  complesso, soprattutto per i ragazzi più piccoli. 

In questo però il Ministero non è solo, le scuole devono farsi carico e prendersi cura della propria comunità.  Questo è il segreto per cui scuole come l’Einaudi fanno davvero la differenza in Italia” 

R: Rispetto alle scuole limitrofe, l’Einaudi ha cercato in questi anni di sviluppare una concezione di  scuola come “casa comune”, poiché era possibile fermarsi a scuola anche oltre le lezioni per seguire  progetti extra-scolastici, ma anche per passare altro tempo con i propri compagni di classe. Secondo lei riusciremo a superare questo momento e la scuola italiana riuscirà a tornare ad avere, o a  sviluppare a seconda dei casi, questa concezione di “casa comune” che prima della pandemia c’era?

Dott.ssa Ferrario: “Assolutamente sì. A parte gli ingressi e le uscite che devono essere scaglionati, i numeri  che devono essere ridotti, le difficoltà ad igienizzare i locali che sono i limiti di questo momento, la volontà  di riaprire davvero le scuole ai ragazzi deve esserci. Quello che i ragazzi non fanno a scuola al mattino lo  fanno al pomeriggio, per cui si incontrano, fanno l’aperitivo, frequentano palestre, suonano strumenti, fanno  attività di altra matura. Siccome quindi che la scuola è l’ambiente più sicuro in questo momento, perché non  continuare a fare tutte questa attività a scuola seguendo le regole? Io credo che in questo momento la  difficoltà sia il rispetto di alcuni spazi e dover igienizzare tutto ciò che viene toccato, quindi al momento il  tutto è complicato, ma con il passare del tempo dovremo trovare il coraggio di riaprirle davvero ai ragazzi  queste scuole, perché solo se abitata la scuola diventa un luogo familiare, dove imparare di più, in modo  migliore e facendolo più volentieri” 

Ringraziamo nuovamente la Dott.ssa Ferrario per la grande disponibilità e la passione con la  quale ha accettato la nostra intervista e risposto alle nostre domande.

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