ATTUALITA'

Vivere in una gabbia aperta

Arianna Dal Monte

Avere la possibilità di scegliere. Scegliere la libertà che ci spetta.

Ci troviamo in un bivio tra la possibilità di uscire, infrangendo le regole perché stanchi di questa quarantena, e l’attesa per tornare a vivere come “prima”.

Abbiamo in mano l’occasione di manovrare la nostra libertà che si presenta come una gabbia aperta, ma può essere un’arma a doppio taglio e bisogna valutare bene come usarla. Uscire dalla gabbia e rischiare di mettere in pericolo noi e gli altri, o rimanere tra le sbarre in attesa che si sfaldino da sole?

Ma la vera domanda è: non ci trovavamo anche “prima” in una sorte di prigione aperta?

Continuiamo a parlare del “dopo” come se questa fosse la prima volta che ci troviamo bloccati. Però la realtà è che la società è da sempre bloccata dietro le sue maschere e i suoi canoni standardizzati. Città stranamente vuote, inquinamento ridotto, crisi di svariati tipi ci hanno spinti a fermarci e vedere il nostro mondo per quello che è: continui movimenti frenetici che non ci permettono di fermarci e riflettere.

“Love, time, death.” Non so se qualcuno abbia capito di chi è la citazione, ma in ogni caso è presa dal film “Collateral beauty”.

Telegiornali e giornali hanno effettivamente ancora un grande impatto sulle persone perché hanno portato la massa ad un livello di panico tale da spingerla ad aprire gli occhi, a farla riflettere su valori fondamentali come quelli “dell’amore, del tempo e della morte” come se “prima” di questo venissero considerati marginalmente come problemi secondari.

E allora perché fare lo stesso gioco dei giornali e raccontare questa situazione in modo drammatico?

L’amore verso il prossimo che stiamo dimostrando in queste settimane è una cosa che non avrei mai potuto immaginare. Scegliere di rimanere nella gabbia, vedere parenti e  amici solo tramite schermi per proteggere chi ti sta vicino e lontano fa riflettere su quanto non ci siamo accorti di aver già avuto anche nella vita burrascosa del “prima”.

Il tempo che ci sta offrendo il dilemma se rimanere al sicuro o riaffrontare il mondo esterno è l’occasione che abbiamo per rivalutarci come persone e come società umana.  Volevamo avere più tempo per stare con la nostra famiglia e ora che lo abbiamo vogliamo solo darci un taglio e uscire da queste quattro mura.

Anche il nostro pianeta sta piano piano risorgendo perché gli abbiamo dato una tregua, ma quanto tempo ci vorrà prima che ritorni tutto come 2 mesi fa? L’avere tempo ci sta facendo pensare a diversi problemi che lo stesso uomo causa e, anche, sugli scenari possibili del “dopo”. Sta facendo vacillare la porta della libertà che è indecisa se rimanere aperta o chiusa.

Il terzo elemento: la morte. Non molti vorrebbero pensarci, ma in queste settimane abbiamo dovuto perdere persone, conoscenti, amici e familiari per dire quanto avevamo bisogno di loro. Oltre 200.000 morti nel mondo ci sono volute per farci smettere di essere egoisti e pensare al nostro “vicino”. Un pensiero vergognoso, ma reale. Chi prima di ciò pensava veramente all’importanza della vita di persone che non conosceva?

Una cosa mi ha sorpreso veramente: la società sta raccontando con autenticità quello che succede senza lasciare che i microfoni ci sbarrino gli occhi, ma riportando l’esatta verità e rispondendo con un sentimento unanime di unità che vuole bloccare tutte queste morti ingiuste salvaguardandosi come una comunità dovrebbe sempre fare.

Ci è servita la convinzione che non dobbiamo mettere piede fuori di casa per poter fermarci. Qualche giorno fa mi è stato chiesto cos’è ora la libertà per me e mi è quasi venuto d’istinto rispondere: <<È una gabbia aperta. “Ora”, abbiamo la possibilità di scegliere se usarla nel modo giusto o nel modo sbagliato, non “prima” o “dopo”>>.

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