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Bettino Craxi, la caduta degli dèi

“Prima che la situazione degeneri bisogna prendere una decisione, assumere una responsabilità, correre un rischio”

BETTINO CRAXI

Benedetto Craxi, detto Bettino, nasce a Milano nel 1934 da un avvocato socialista originario di Messina e da una casalinga.
Durante la seconda guerra mondiale, a causa del suo carattere difficile e per proteggerlo da eventuali ritorsioni del regime mussoliniano che avrebbe potuto vendicare su di lui l’attività antifascista del padre, viene mandato a studiare presso un collegio cattolico.
Il giovane Bettino, nonostante non militerà mai in partiti di ispirazione cattolica, arriverà ad un passo dal seminario. Come ammetterà egli stesso negli ultimi anni della sua vita: “In collegio ero molto legato alla ritualità, alla spiritualità, al sentimento. A tutto ciò che un bambino può apprendere dall’educazione cristiana e cattolica. E quindi anche lì volevo andare fino in fondo, volevo diventare un prete“.

Con la Liberazione da parte dei partigiani e degli Alleati, la famiglia Craxi divenne un punto di riferimento per i movimenti vicini alla sinistra socialista. Il padre di Craxi divenne prima viceprefetto di Milano e successivamente Deputato della Repubblica nelle liste del Partito Socialista Italiano (PSI).
Allora il PSI era molto vicino ideologicamente al Partito Comunista: entrambi affondavano le proprie radici ideologiche nel marxismo, entrambi erano culturalmente vicini all’Unione Sovietica, entrambi avevano come simbolo la falce ed il martello.

Craxi eredita l’orientamento politico socialista dal padre e sin da ragazzo si impegna nella propaganda politica per le organizzazione giovanili del PSI, tenendo manifestazioni, comizi e dibattiti politici.
Tuttavia a differenza dei suoi compagni di partito, ha una visione diversa del socialismo, rafforzatasi in lui soprattutto a seguito della sanguinosa invasione dell’Ungheria da parte dei sovietici.
Egli infatti crede che il socialismo debba tornare ad essere l’ideologia dominante della sinistra italiana, contrastando il liberismo ultra-capitalista da una parte e il comunismo staliniano dall’altra, ritenendo quindi indispensabile per i socialisti un un nuovo corso, lontano da Mosca.

“Chi non ha idee prende a prestito quelle degli altri”

BETTINO CRAXI

Inizia così una lunga scalata nel partito ricoprendo importanti ruoli locali e provinciali, soprattutto nella sua Milano, città che resterà per tutta la vita la sua meta ed il suo cuore.
Negli anni ’60 viene eletto per la prima volta deputato, divenendo uno dei principali collaboratori di Pietro Nenni (1891-1980), uno dei principali leader del socialismo italiano, amico e poi avversario di Mussolini e più volte ministro a partire dai governi De Gasperi.
Nenni diviene così il mentore del giovane Bettino, il quale appoggia la sua linea politica per la formazione di un centro-sinistra organico, ossia un’alleanza di governo con l’allora principale partito politico italiano, la Democrazia Cristiana, guidata da Aldo Moro.

E’ quindi con l’elezione dell’anziano Francesco De Martino alla guida del partito che Craxi ottiene la vicesegreteria nazionale del PSI. In questa veste partecipa in più occasioni al lavori dell’Internazionale Socialista, organizzazione mondiale comprendente tutti i partiti e movimenti socialisti, stringendo importanti rapporti con i principali leader socialisti dell’epoca, fra cui François Mitterrand, futuro Presidente francese ed importante punto di riferimento nella vita politica di Craxi.

Il partito stava però attraversando una grave crisi. I socialisti continuavano ad essere considerati subalterni dei comunisti agli occhi degli elettori, quasi come se il compito dei socialisti fosse quello di accompagnare il Partito Comunista nella “via della legalità“, per poi dissolversi. Fu così che, a seguito di una grave sconfitta alle elezioni del 1976, con il partito che faceva acqua da tutte le parti e i comunisti che si stavano impadronendo dell’elettorato storico del PSI, il vecchio De Martino gettò la spugna. Il partito quindi, riunitosi all’Hotel Midas di Roma elesse quello che avrebbe dovuto essere un segretario di transizione: Bettino Craxi.

Ma Craxi, ed il partito se ne accorse presto, non era uomo da transizioni. Lui era fatto per durare. E per comandare.
“Io ho fatto una grande fatica nella mia vita a correggermi. Da ragazzo ero molto irrequieto, ma forse era la guerra. Un bambino che cresce, e si forma in anni di guerra, è esposto a dei rischi. Questo capitò anche a me, ma mi sono corretto molto e mi correggerò ancora” dirà il leader del PSI negli ultimi anni ’90.

File:Craxi-Mitterand-sedePSI.jpg - Wikipedia
Da sinsitra: il presidente francese Mitterrand e Craxi

Forse a causa della sua stazza (era alto più di un metro e novanta), forse a causa del suo carattere forte, forse a causa della sua oratoria decisa, Craxi venne percepito come un leader forte, ed in poco tempo impose la sua linea al partito. Si liberà innanzitutto del vecchio simbolo socialista così simile a quello dei comunisti, sostituendolo con un garofano rosso ed avviando la cosiddetta rivoluzione dei quarantenni.
La politica italiana degli anni ’70 era infatti ancora ancorata ai vecchi volti del secondo dopoguerra. Craxi fu il primo a comprendere che era necessario un ricambio generazionale e che il PSI poteva mirare a divenire una credibile alternativa alla guida del paese, sostituendo la sempre eterna Democrazia Cristiana.

E’ così che Craxi non rinnova soltanto il suo partito, ma anche il modo di fare politica, usando per primo la pubblicità e gli spot televisivi, dando così corpo alla politica istituzionale ai massimi livelli, che sino ad allora era stata rappresentata quasi spiritualmente dai democristiani, che cercavano di differenziarsi dai vigorosi e corporei fascisti che li avevano preceduti.

Fu nel 1978, con il sequestro di Aldo Moro (di cui abbiamo scritto una biografia qui: Aldo Moro, il Padre sacrificato sull’Altare della Patria) che Craxi prese una posizione differente da tutti i principali partiti politici di allora. Egli si attivò per intavolare una trattativa con le Brigate Rosse, in modo da ottenere la liberazione dello statista democristiano, trattativa che non sarà mai – almeno ufficialmente – avviata a causa dell’opposizione della Democrazia Cristiana e dei comunisti, favorevoli alla cosiddetta linea della fermezza.

“Il socialismo è portare avanti tutti quelli che sono nati indietro”

PIETRO NENNI

Le iniziative innovatrici e riformatrici ed il nuovo stile comunicativo, concreto, diretto e pungente, consentirono a Craxi di portare il PSI fuori dalla crisi, ottenendo importanti vittorie.
La prima fra tutte fu nel 1978 l’elezione a Presidente della Repubblica di Sandro Pertini. L’anziano partigiano Pertini fu il primo e solo socialista eletto al Quirinale e, grazie al suo stile comunicativo e alla sua capacità di denunciare dall’interno delle Istituzioni i mali dell’Italia, è ancora oggi ricordato dalla maggior parte degli italiani come il Presidente più amato di sempre.
A ciò seguì naturalmente anche un forte incremento dei consensi elettorali alle elezioni politiche, portando Craxi a Palazzo Chigi nel 1983, che ottenne così la nomina a Presidente del Consiglio in un governo di coalizione.

Va precisato che il consenso del PSI non andò mai oltre il 15%, ma grazie agli accordi con la Democrazia Cristiana e i partiti minori, come i liberali e i repubblicani, ai socialisti fu concessa la Presidenza del Consiglio, in un’ottica di alternanza promossa dallo stesso Craxi.

Bettino Craxi, la biografia, la moglie, i figli e la vita privata
Craxi ed il sette volte premier Giulio Andreotti

I due governi Craxi che rimasero in carica dal 1983 al 1987 segnarono una svolta nella storia del paese: con il decreto di San Valentino, Craxi tagliò tre punti del meccanismo della scala mobile (che regolava il valore dei salari e degli stipendi in funzione dell’inflazione, allora molto alta nel nostro paese), si battè per una forte riduzione dell’inflazione, un’aspra lotta agli evasori fiscali, obbligandoli all’emissione degli scontrini, decretò un condono edilizio e con il cosiddetto decreto Berlusconi, consentì anche alle reti televisive private di trasmettere i propri programmi su scala nazionale, eliminando quindi di fatto il monopolio della televisione di Stato detenuto dalla RAI.
Quest’ultimo provvedimento in particolare gli attirò molte critiche. Craxi era infatti amico personale di un imprenditore milanese che, dopo essersi dedicato con successo al mondo dell’edilizia, intendeva sfondare nell’industria televisiva, un uomo che nel bene o nel male di lì a qualche decennio lascerà un segno indelebile nella storia d’Italia: Silvio Berlusconi.

In politica estera Craxi fu un convinto “sovranista”, nel senso più positivo del termine. La politica estera italiana era stata per anni soggetta alle decisioni degli USA. Con Craxi questo diktat si spezzò.
Il leader socialista intraprese una politica filo-araba, divenendo anche il principale difensore italiano della questione palestinese – assieme al suo Ministro degli Esteri Giulio Andreotti – sostenendo il diritto dei palestinesi a poter disporre di uno Stato sovrano, a discapito di Israele. Ma fu al contempo un attento interlocutore dei paesi mediterranei, ritenendo l’Italia un paese euro-mediterraneo“, egli dedicò sempre molta attenzione alle esigenze terzomondiste.

Fu inoltre promotore nel 1984 degli Accordi di Villa Madama, stipulati assime al Vaticano, e con i quali rinnovò il contenuto dei Patti Lateranensi firmati nel 1929 da Benito Mussolini. Grazie a questi nuovi accordi, l’Italia divenne un paese laico, consentendo maggiore aprtura nei confronti di fedi e culture differenti dalla religione Cattolica.

Un libro ricostruisce i fatti della "notte di Sigonella", evento che cambiò  i rapporti tra Italia e USA | BlogSicilia - Ultime notizie dalla Sicilia
La base di Sigonella durante il conflitto diplomatico Italia-USA.

Il capolavoro politico di Craxi si ebbe però con la crisi di Sigonella (1985), ove la nave Achille Lauro, battente bandiera italiana– e quindi soggetta al diritto italiano – venne presa d’ostaggio da un commando di terroristi dell’OLP, organizzazione filo palestinese, che uccise un cittadino USA.
Il Presidente americano Ronald Reagan pretese che i terroristi fossero giudicati negli Stati Uniti, scavalcando così l’ordinamento giuridico italiano e le sue istituzioni. Reagan inviò gli uomini della Delta Force nella base aerea di Sigonella in Sicilia, ove i terroristi erano stati portati a bordo di un aereo, ordinando loro di portarli negli Stati Uniti con la forza.
Craxi non accettò questa grave violazione alla sovranità italiana e schierò in difesa dell’aereo prima i carabinieri e poi l’esercito, costringendo gli americani alla fuga.
Il Presidente Reagan, conscio di quanto accaduto, scrisse pochi giorni dopo una lettera di scuse personali a Craxi, con il noto incipit Dear Bettino. Fu la resa degli americani.

“Non credo che ci sia nessuno in quest’aula, responsabile politico di organizzazioni importanti, che possa alzarsi e pronunciare un giuramento in senso contrario a quanto affermo: perchè presto o tardi i fatti si incaricherebbero di dichiararlo spergiuro”

BETTINO CRAXI SULLE VICENDE DI “TANGENTOPOLI”

Ma negli anni ’90 tutto cambia. Nel 1989 è caduto il muro di Berlino, e il Partito Comunista Italiano, sulla falsargia dell’URSS, crolla e cambia profondamente nel nome e nella sostanza.
Con la fine dell’antagonismo fra la Democrazia Cristiana e i Comunisti, Craxi crede di poter rilanciare il suo partito, ma l’improvviso arresto di Mario Chiesa, socialista milanese colto in possesso di tangenti, porta l’Italia alla scoperta di Tangentopoli, lo scandalo finanziario che coinvolgeva tutti i partiti della cosiddetta Prima Repubblica.
I partiti di allora erano infatti enormi strutture burocratiche il cui finanziamento pubblico erogato dallo Stato era insufficiente al loro fabbisogno finanizario. I dirigenti politici dovevano quindi fare ricorso al finanziamento illecito, non iscritto nei bilanci, e che proveniva da grandi e piccoli imprenditori, a cui la politica prometteva in cambio agevolazioni di ogni tipo, a partire da leggi favorevoli ai settori nei quali operavano.

Oltre alla Democrazia Cristiana, che sarà segnata anche dalle accuse di mafia per il suo storico leader Andreotti, il Partito Socialista sarà il primo ad uscire con le “ossa rotte” da questo scandalo.
Craxi tenterà invano in Parlamento di ammette le proprie colpe e di invitare i suoi colleghi a fare altrettanto. Ma ormai era troppo tardi.
Il pool di giudici di Milano – definito Mani Pulite – scoprirà i finanziamenti illeciti del PSI e dopo un’iniziale collaborazione con la giusitizia, Craxi abbandonerà l’Italia per recarsi nella sua casa di Hammamet in Tunisia, sullo sfondo del lancio di monete effettuato contro di lui da un imponente gruppo di persone, alle porte dall’hotel romano Raphael.

Dall’esilio ad Hammamet, come lo definirà Craxi, l’uomo politico perderà i contatti con il mondo socialista e con quello della politica italiana. Denuncerà di essere vittima di un complotto internazionale, di un disegno ben definito da ignoti.
Nonostante le sentenze a suo carico, i giudici non emetteranno mai un mandato di arresto internazionale e, a seguito delle complicanze del diabete di cui da anni soffriva e dell’impossibilità di un accordo con il governo italiano che gli consentisse un ritorno in Patria da libero cittadino, Craxi morirà in Tunisia nel 2000.
Sepolto nel piccolo cimitero cattolico di Hammamet, la sua tomba, orientata in direzione dell’Italia, riporta la frase: La mia libertà equivale alla mia vita.

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La tomba di Craxi ad Hammamet

Un pensiero personale

“In un mondo che non ci vuole più […]”

Lucio Battisti in “Il mio canto libero”

Craxi è stato il leader che ha incarnato gli anni ’80 della Milano da bere. Quella Milano – e quell’Italia – da lui tanto amata, e che per anni è vissuta di sprechi e di opportunismo.

Durante i governi Craxi, nonostante i tanti successi già citati, vi fu in incremento esponenziale del debito pubblico e il tratto finale della vita umana e politica di quest’uomo, disposto a lasciare il suo paese per non rispondere ai giudici del finanziamento illecito del suo partito, non fanno altro che testimoniare che Craxi fu un leader estremamente controverso.
Molti osservatori inoltre ritengono che durante il periodo craxiano l’Italia abbia vissuto un aumento del fenomeno della corruzione. Personalmente non ritengo che un fenomeno di questo tipo, profondamente ancorato negli usi e costumi degli Italiani (o di una parte di essi), possa essere addossato ad un solo uomo.

Craxi commise dei reati, di questo parlano chiaro le sentenze emesse dai magistrati. E’ tuttavia indubbio che il Cinghialone, come venne definito durante Tangentopoli, non fu altro che il capro espiatorio di una classe dirigente che gli addossò tutte le colpe, pur di salvare sè stessa. Obiettivo che comunque non riuscì.

Marcello Sorgi, giornalista italiano, in occasione del ventennale della morte di Craxi, ricorso lo scorso anno, ha dichiarato: “L’Italia ha trattato su tutto. Tranne su Moro e su Craxi. Sorgi ha ragione.
La propensione degli italiani a scendere a compromessi sempre e comunque è un segno indelebile della nostra storia, segno però non presente nè sul caso Moro, ove le Istituzioni abbandonarono lo statista democristiano al proprio destino, sia sul “caso Craxi”, ove si preferì addossare ad un unico uomo tutti i mali d’Italia. Anche questo è un tratto tipico di noi Italiani, cercare sempre “il grande burattinaio“.

Bettino Craxi: il primo liberista a Palazzo Chigi | theWise Magazine

Giudicare però un grande leader – quale innegabilmente Craxi è stato – per l’ultimo tratto di strada percorso è irrispettoso della Storia. Craxi è stato con le sue doti oratorie e capacità politiche e di governo uno dei politici italiani più importanti dal Secondo Dopoguerra.

E’ altrettanto innegabile però che dopo le sue vicende giudiziarie, il socialismo italiano sia morto, come se l’Italia avesse ritenuto quell’area politica unica colpevole di ognuno dei suoi mali, come se gli italiani non volessero più avere nulla a che fare con quel mondo. Craxi insegna, forse più di chiunque altro, che grandezza e giustizia non sempre corrispondono.

La caduta di Craxi è stato uno dei finali politici più controversi della storia italiana e la sua ricaduta su quest’ultima – a ventun anni dalla sua morte – lascia dietro di sè un’eredità pesante, testimone indiscussa della caduta degli Dèi.

Ad maiora

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